Trieste Gusti e Sapori
Una terra di vini
La viticoltura nella zona di Trieste ha conservato un carattere fortemente artigianale ed è praticata da piccoli produttori che portano avanti la propria attività e tradizioni in una terra dura e ostile, ma ricca di sapori che derivano dai minerali delle rocce carsiche e dalla sapidità dell’influenza marina.
Tra le varietà autoctone di rossi troviamo il secolare Terrano, definito “sangue del Carso” per la sua corposità e il colore intenso, e il Refosco d’Istria, leggermente erbaceo. Il vitigno di quest’ultimo viene coltivato nella terra rossa, che lo arricchisce di sostanze ferrose conferendogli un sapore molto particolare. Più delicata è la Vitovska, vino bianco secco e fresco derivato da un vitigno autoctono resistente alla siccità e all’impeto della Bora, mentre si riconosce facilmente il tipico colore giallo paglierino della Malvasia, che ben si accompagna ai piatti di pesce.
Altra pregiata varietà è la Glera, che viene indicata a volte come sinonimo del vitigno Prosecco o quale suo predecessore.
In Carso vengono prodotti eccellenti vini macerati attraverso una tecnica tradizionale che prevede che le uve bianche siano lavorate come un rosso, risultando in vini intensi e dai sapori inusuali. Da provare anche le varietà vinificate in tini di pietra carsica, che testimoniano il forte legame tra viticoltore e territorio.
I formaggi del Carso
Quella dei formaggi del Carso è una storia lunga, fatta di tradizioni casearie preservate e tramandate da famiglie tenaci e appassionate. Questi formaggi vengono preparati con latte crudo proveniente da animali allevati in loco e alimentati dalla ricca e variegata flora autoctona. Sono prodotti vaccini, ma anche di pecora e di capra, di cui si apprezzano gli aromi genuini e la freschezza.
Dai tradizionali Monte Re e Tabor, formaggi latteria dalla tradizione austro-ungarica, ai latticini freschi come le varietà di stracchino, mozzarella e caciotte bianche, anche arricchite dalle erbe spontanee della landa carsica. Il Mlet è uno straordinario formaggio al pepe che nasce dalla frantumazione di tre stagionature diverse di Tabor, mentre la varietà Jamar proviene da una stagionatura all’interno di una grotta calcarea (jama in sloveno, da cui il nome) e racchiude in sé il profumo dei pascoli e la mineralità della terra.
Da provare anche il pregiato formaggio di capra a pasta grassa e dalla consistenza granulosa e friabile, con una nota piccante dalla stagionatura. Prodotto dal latte delle pecore carsoline, razza protetta a rischio di estinzione, è presidio slow food dal 2022 e testimonianza viva della resilienza della tradizione carsolina, preservata con passione dai piccoli produttori.
Prosciutto: artigianalità e tradizioni
Nel territorio carsico esiste una secolare tradizione per la salatura e stagionatura della carne di maiale, con lavorazione rigorosamente casalinga. Dalle varie parti dell’animale, allevato a uno stato semibrado e nutrito dalla flora locale, i carsolini ricavano lardo e luganighe (salsicce), crodighini (musetto), panzeta (pancetta) e altri insaccati. Una delle parti più apprezzate è però il cosciotto, dal quale si affetta il saporito prosciutto crudo del Carso – Kraški, un prodotto di prima qualità (protetto dalla denominazione geografica) che troneggia in ogni osmiza che si rispetti. Preparato secondo modalità tramandate da generazione in generazione, il crudo del Carso viene a volte aromatizzato con aglio, alloro e rosmarino.
In un aperitivo triestino non può poi mancare il prosciutto cotto in crosta di pane, prodotto storico che da oltre un secolo delizia il popolo giuliano. La sua preparazione prevede che le cosce suine fresche vengano profumate con aromi naturali e affumicate a caldo con trucioli di legno d’abete.
Successivamente il prosciutto, disossato, viene cotto in caldaie, per poi essere avvolto nell’impasto del pane e messo in forno per alcune ore. I profumi vengono così trattenuti dal pane, che rende la carne morbida e gustosa, conferendo un sapore delicato e leggermente affumicato. Il prosciutto cotto in crosta viene infine affettato a mano.
Olio e uliveti
L’olivicoltura triestina affonda le sue radici in una lunga tradizione e rappresenta una delle voci più importanti nel panorama delle colture agricole locali. L’olio extravergine di oliva Tergeste rientra tra i prodotti certificati dall’Unione Europea come DOP (Denominazione di Origine Protetta) grazie alle particolarità legate al colore, al profumo, al sapore e alle proprietà chimiche.
La principale varietà autoctona coltivata è la pregiata Bianchera (o Belica) dalla colorazione poco pronunciata. Si sviluppa prevalentemente su terrazzamenti che si affacciano sul mare, in condizioni climatiche più miti rispetto al resto del territorio. Attechisce bene anche sui terreni calcarei dell’altipiano carsico, purché soleggiati, e produce un olio fruttato e piccante, con bassissima acidità. Sono habitat favorevoli anche le colline tra Muggia e Dolina, riparate dal vento, dove si conserva un antico torchio romano.
Sapore di miele
L’apicoltura e la produzione del miele sono state praticate in territorio carsico sin dall’epoca romana. La grande varietà floristica dell’altipiano, una delle più ricche biodiversità del nostro continente, conferisce al nettare locale caratteristiche inconfondibili.
Raccolti dalle arnie e direttamente confezionati in vasetto si trovano mieli particolarissimi, come il raro e pregiato miele di marasca (presidio slow food), ricavato dal ciliegio canino locale e caratterizzato da un sapore ambrato con un delicato retrogusto di mandorla.
In queste zone si producono anche altre varietà che vanno dal miele di acacia e di tiglio, di melata e di santoreggia, sino ai più particolari e tipici Millefiori del Carso. Le produzioni locali sono curate principalmente da appassionati che si dedicano all’apicoltura nel tempo libero e da piccole aziende di famiglia che portano avanti una tradizione tanto rara quanto preziosa.
I dolci e il pane della tradizione triestina
Trieste è un punto d’incontro tra Mediterraneo e Centro Europa e melting-pot di culture culinarie italiane, tedesche, ungheresi e slave.
Il presnitz, le fave, la putizza, la pinza e le teresiane sono i dolci tipici di Trieste, che nascono da ricette antiche, tradizioni gelosamente custodite, e da tanti piccoli segreti di sapienti pasticceri. Sapori che portano gioia in ogni occasione di festa e nelle tavole imbandite della domenica in famiglia. I panifici che profumano le vie del centro città e dei paesini carsici, sfornano pane fresco a tutte le ore del giorno (alcuni anche di notte) utilizzando la farina casereccia macinata a pietra naturale, il pane alle noci e ai ciccioli, che raccontano di profonde radici mitteleuropee
Una tazzina di caffè
A Trieste i fili della storia, della cultura, dell’economia e della quotidianità si intrecciano da secoli con quelli della bevanda più suggestiva e affascinante di tutte: il caffè. Da oltre 200 anni Trieste ne importa i chicchi, li lavora e produce con successo varie miscele di caffè. Il legame nasce nel Settecento, quando la città diventa porto franco e inizia a ricevere i chicchi provenienti dalle piantagioni di tutto il mondo: inizialmente destinata a rifornire le caffetterie dell’impero austroungarico, nel corso del Novecento la città diventa punto di riferimento mondiale per il caffè. Grandi scrittori come Joyce, Svevo e Saba trascorrevano giornate intere a sorseggiarlo nei locali triestini, cercando l’ispirazione fra una tazzina e una pagina di giornale. Ancora oggi gli eleganti caffè storici cittadini sono ritrovo di artisti e letterati, spesso teatro di mostre e concerti.
La cultura del caffè è profondamente radicata nella quotidianità dei triestini, una piacevole esperienza per socializzare e parlare di cultura. Nei locali cittadini si degusta un capo in b (macchiato, servito in bicchiere), un gocciato (caffè con solo un goccio di latte) o un nero (espresso) magari sfogliando il quotidiano locale “Il Piccolo”, chiacchierando con amici oppure studiando. Questi momenti di convivialità nelle caffetterie dal sapore asburgico sono apprezzati anche dai più giovani.
Osmize e buffet
Il nome osmiza deriva dalla parola slovena osem (otto), ovvero i giorni che l’imperatrice Maria Teresa d’Austria aveva concesso alle aziende agricole in provincia di Trieste per aprire le loro case alla vendita di vini e alimenti da loro prodotti.
Le osmize sono locali di contadini e agricoltori del luogo, frequentate da turisti e residenti, che possono assaggiare prelibatezze quali salumi e formaggi tipici, ma anche uova e sottaceti. Non manca il vino, prodotto nelle cantine adiacenti e direttamente servito agli ospiti.
Tra le svariate e particolari tradizioni triestine una menzione va dedicata ai tanti buffet, vere e proprie istituzioni che fanno da contraltare ai più raffinati ristoranti. A qualsiasi ora della giornata, dal mattino presto alla sera, nei buffet è possibile mangiare qualcosa di buono o, per usare un termine locale, consumare il classico rebechin. Tra i piatti serviti in questi pittoreschi locali troviamo panini a base di maiale, prosciutto cotto in crosta di pane, porcina, cotechino, carrè, salsicce di cragno e lingua salmistrata con senape e kren, solo per citarne alcuni.
È un’esperienza culinaria fatta di sapori autentici che rispecchia perfettamente la ricchezza e la diversità della storia e tradizioni triestine.
Le date di apertura delle osmize sono consultabili al sito: osmize.com